mercoledì, ottobre 04, 2006

Verso dove stiamo andando?

L'altra sera mi trovavo nella zona di Via Padova, periferia nord est di Milano, e ho fatto maggiore attenzione del solito a quello che si mi presentava davanti. La zona vede una presenza massiccia di immigrati, così come avviene un pò in tutte le periferie milanesi, prima fra tutte il Giambellino (dietro casa mia) che Carlo conosce a menadito, vivendoci da sempre e avendone vissuto il cambiamento.
L'immigrazione cambia in modo definitivo il nostro modo di vivere e il nostro modo di percepire gli altri. Marocchini, romeni, filippini, albanesi, sudamericani vengono in Italia alla ricerca di una vita migliore e portano novità nel panorama italiano e nello specifico milanese.
Sono positive o negative queste novità, dal nostro punto di vista?
La società italiana non ha mai vissuto tassi di immigrazione consistenti fino a metà anni '90, quello che accade da allora e che continuerà ad accadere sempre di più (a meno di fissare quote di ingresso ben precise come si è cercato di fare) è un fenomeno totalmente nuovo per la società italiana. La velocità di questo fenomeno ci sconvolge, ci provoca disagio.
Ma sappiamo che aprirsi all'immigrazione è conveniente per la nostra economia e società e, al di là di tutto, è inevitabile storicamente.
Il problema è COME farlo.
Da un lato è necessario e giusto riconoscere socialmente chi viene a vivere in Italia (che ci arricchisce pure culturalmente), evitando però che questo venga fatto attraverso il riconoscimento di una comunità, ma al contrario, riconoscendo i diritti del singolo individuo.
Procedere per comunità è pericoloso, come dimostrano le enclaves che in tante città italiane si sono formate (a Torino quella marocchina, a Prato quella cinese, a Milano entrambe, ecc).
E' naturale che chi emigra tenda a stabilirsi dove trova maggiore vicinanza linguistica e culturale, cioè dove altri suoi connazionali si sono già stabiliti. Pertanto bisogna stimolare il singolo individuo a inserirsi nel contesto sociale nel quale lavora e vive, perché le spinte a sentirsi parte della sua comunità nazionale di origine le ha già.
Se procediamo per comunità (come finora è stato), peggioriamo ulteriormente la già critica situazione attuale.
Che genera intolleranza da parte nostra.
Ma perché genera intolleranza?
Di base per due motivi.
1) le comunità che si stabiliscono premono su quelle italiane già stanziate e comportano un confronto sociale che non è banale. Esso è un processo lungo e molto sensibile a qualsiasi evento destabilizzante (risse, prevaricazioni, ecc). La paura e la diffidenza verso l'altro, verso chi non si conosce, c'è da emtrambe le parti e può essere superata solo pian piano.
2) lo Stato italiano (e le amministrazioni locali) non fa sentire sufficientemente la sua presenza, per limitare la pressione che le nuove comunità tendono a fare su quelle italiane. Lo Stato deve essere presente e garantire a tutti parità di diritti, reprimendo se necessario i comportamenti illegali. Questa funzione deterrente è fondamentale. Parte delle comunità nuove tende a prevaricare quelle italiane perché ha interessi contrastanti. Questo è inaccettabile e lo Stato DEVE evitare che ciò avvenga.
La presenza dello Stato non può limitarsi al controllo e alla eventuale repressione, sennò viene vissuto come un nemico (il contrario dell'obiettivo finale, integrare nella società i nuovi individui, cioè far sì che si riconoscano in essa, con relativi doveri e diritti). Questa presenza deve incoraggiare l'incontro tra italiani e stranieri, ad esempio aiutando gli stranieri per la scuola, organo fondamentale per la creazione della comunità nazionale italiana.
Ultimo appunto: la fermezza di cui parlo deve essere dimostrata SOPRATTUTTO nei confronti delle comunità che non hanno interesse a integrarsi e a integrare i propri individui nella società italiana. Chi non si riconosce e chi non accetta e sottostà alle leggi dello Stato italiano NON può vivere in Italia.
Mi sono spiegato?

10 commenti:

fayna ha detto...
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Anonimo ha detto...

Caro Carlo,
l'integrazione razziale non esiste. Paesi che hanno avuto fenomeni di immigrazione ben più forti della nostra non hanno risolto un ciufolo in 100 anni perchè noi dovremmo essere più fortunati ? Quanti neri c'erano all'Ensam a Parigi ? Forse uno ma non mi ricordo. Qui negli US è assolutamente la stessa cosa. Alla NASA sono tutti americani, bianchi e metodisti (La religione di Bush per capirci). L'integrazione è una favola, le persone preferiscono passare il tempo con persone simili a loro sia fisicamente che socialmente. Dura veritas sed veritas

Anonimo ha detto...

affermare che se gli altri non hanno risolto niente in più di un secolo allora nemmeno noi possiamo aspettarci un granchè mi sembra una posizione estremamente sterile, e superficiale.
che incubo trascorrere il proprio tempo solo con persone simili a se stessi fisicamente e culturalmente. si diventa incapaci di pensare che le cose potrebbero andare diversamente.
forse occorre scegliere come esempio paesi diversi da francia e stati uniti. ho vissuto per mesi in australia e la convivenza civile tra etnie e culture diverse è una realtà. certo anche lì esistono problemi, ma non è sicuramente possibile dire che l'integrazione è una favola.

CarCarlo ha detto...

Caro Pietro, le osservazioni che fai sono giuste, ma ritengo non definitive.

Convivere assieme (per ora non parlo di integrazione, un gradino più in su)è difficile, ma possibile.
Nel nostro trascorso parigino comune abbiamo potuto osservare fenomeni di disparità come quello che fai presente, ma anche un multiculturalismo notevole. Esso per ora ha vinto solo nella fascia di popolazione che ha mezzi economici sufficienti a vivere decentemente.
Ancora troppo poco, perché le periferie parigine sono piene di gente disadattata. Oltre a ciò ci sono difficoltà nell'aprire a tutti le porte di posizioni di potere rilevanti (politico, economico, accademico, ecc). Tutto questo è vero. Ma venti anni fa era ancora peggio; il problema è che questo processo di integrazione è troppo lento e contraddittorio, poiché non lo si accompagna politicamente.

Sugli Stati Uniti e l'Australia non ho esperienza diretta e ho maggiori difficoltà a esprimermi.

Veniamo al preferire persone simili, sia fisicamente che socialmente.
A mio parere è una tendenza che noi tutti abbiamo, in modo più o meno marcato; ma un conto è una tendenza, una maggiore o minore propensione, un conto è l'atteggiamento di chiusura e rifiuto che si manifesta in molti cittadini italiani a stretto contatto con comunità straniere senza controllo.

Avere integrazione è far sì che questa sia solo una leggera propensione e non un rifiuto degli altri. In tal modo
Credo sia possibile, sono ottimista come Silvia.
E lo si può fare, a mio parere, se lo Stato fa quello di cui ho scritto.

lancha2012 ha detto...

Stavo visitando il tuo profilo e ho notato che tra i film preferiti hai messo "Bud Spencer e Terence Hill". Ma che film è?
Ok, sono fuori tema, in questo post si parla di cose serie. Vorrei dire la mia allora.
Io sono del parere che l'Italia sia terra di conquista. O ci nasci, e quindi ci puoi abitare, o te la conquisti. Come? Bene. Un incaricato va in giro per le città italiane e appena vede un extracomunitario lo prende con sè. Insomma è una specie di accalappiacani. Io lo chiamerei però accalappianegher.
Vabè, dopo averlo preso con sè lo porta in un ufficio, lo scheda, e gli dice: "Tra 1 mese presentati qua che dai l'esame per rimanere in Italia". In cosa consiste l'esame? Domande generali su tutto. Storia, cultura, sport e cinema italiano, dall'impero romano ad oggi. Un mese di tempo. 30 domande. 2 ore per rispondere. Ovviamente a crocette, che magari anche se sei una merdoua e non hai studiato hai culo e vieni promosso. Ah, e se l'extracomunitario non si presenta all'esame, l'accalappianegher lo va a cercare e lo espelle con la forza. Lo fa tornare nel suo paese di origine in canotto. Anche se viene dalla bulgaria.
Ok, il concetto finale è che per essere italiani bisogna conoscere l'italia. Cultura, storia e tanto altro. L'esame per diventare cittadino italiano è fondamentale per integrare gli extracomunitari.
Ah, ovviamente abolirei la religione. Crea solo casini. Quindi, niente più religione in italia, che tanto alla favola di adamo ed eva ci crede solo max gazzè.
Mi vorrei riallacciare al discorso dell'accalappianegher con la favola di adamo ed eva... la nascita dell'uomo... l'evoluzione... la scimmmia... ma non lo farò!!
Oh, ovviamente accetterei tutti in italia, a parte i negri e i cinesi.
No vabè, l'importante è eliminare le credenze religiose. La base per una società migliore è l'assenza di religione.
Non c'ho voglia di rileggere le stronzate che ho scritto, quindi se trovate errori ortografici fatemi sapere attraverso il mio blog, anzi:
VISITATE IL MIO BLOG... AHAHAHAHAH CIAO SIETE MITICI.. P.S. CIAO FAYNA DI SKY AHAHAHAH SEI MITICO

lancha2012 ha detto...

PS. VISITATE IL MIO BLOG AHAHAHA CIAO

CarCarlo ha detto...

Bella Roby, mi stupisci una volta di più.
Potremmo dire: Volevamo stupirla, e stu pirla è arrivato!
Ehehehhe
Scherzi a parte, è sacrosanto che una persona che vuole essere italiana debba conoscere e riconoscersi nella cultura italiana (leggi in primis).
Sennò la cosa non s'a da fare.

Michael - A.K.A.Jackson Rumore ha detto...

Carlo io e te dobbiamo fare una chiacchierata di quelle giuste.
Le opinioni che hai espresso sono palesemente in contrasto con il tuo pensiero politico, almeno con quello che hai espresso alle ultime elezioni..

EVVIVA LA VIRTU' ITALICA!

CarCarlo ha detto...

Aspetto con piacere la chiacchierata!

studio modena ha detto...

A mio modo di vedere è avvenuto ciò che un mio compagno di liceo auspicava fin dal 1994: la società multirazzista.

Io, ad esempio, odio i negri, i cinesi, i marocchini, gli zingari e gli ebrei. Ma più di tutti gli italiani. Anzi, gli italiani ebrei.

Dobbiamo vivere in questo cesso di mondo un'ottantina d'anni: se diventiamo amici dei negri non ci danno in premio una decina d'anni in più oppure ci abbuonano da malattie o sofferenze.

Ognuno pensa al suo e al suo e basta. E' una lotta, lo si riconosca!

Mi sono rotto le balle di essere antirazzista: nella società attuale non c'è spazio per i buoni sentimenti. Passi per fesso o per frocio se ti metti a difendere i negri o gli albanesi.